venerdì 31 gennaio 2014

Romano Prodi si accorge che l’Euro e’ come la “Corazzata Potemkin”: funzionerebbe se fosse… la Lira

Romano Prodi, si sa, e’ considerato da molti il “padre nobile” sia del moderno centro sinistra Italiano, che dell’Europa dell’Euro.
Memorabili alcune sue passate dichiarazioni su Europa ed Euro fatte nei primi anni 2000:
“Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”
“Con l’euro è arrivato un protagonista fortissimo dell’economia mondiale e sarà protagonista per i secoli a venire; Non mi formalizzerei su quello che deve essere il cambio ideale”. 
“L’euro ci ha salvato da crisi di tipo argentino, per colpe che sono interne”
In sintesi, l’Euro e’ una cuccagna, un vero affare per l’Italia, e’ bene che sia forte, e ci consente di non vivere crisi. Peccato che TUTTE  queste dichiarazioni siano state smentite dai fatti, e se ne e’ accorto (tardivamente) lo stesso Prodi.

Quardate cosa dice il Prodi versione 2013-14 (vedere anche *):
“La Germania grazie all’Euro è la nazione di gran lunga più potente d’Europa”
“La politica della Cancelliera tedesca danneggia gli altri parter europei, e’ un freno oggettivo allo sviluppo, alla crescita e alla lotta alla disoccupazione; l’unica alternativa e’ un asse tra Francia, Italia e Spagna, capace di condizionare la Germania e imporre una diversa politica economica”.
“L’euro fortemente sopravvalutato: la sua quotazione corretta sarebbe 1,1 o 1,2 sul dollaro, mentre oggi siamo a 1,4″
In sintesi, l’Euro e’ una cuccagna, un vero affare per la Germania ed un male per l’Italia, e’ bene che sia debole, e causa uno stato di crisi ed impoverimento permanente. Tutte cose note e risapute ai lettori del nostro blog, ed a chiunque abbia una minima dimestichezza macroeconomica ed abbia avuto l’accortezza di aver seguito il dibattito internazionale sulla questione.
Sostanzialmente il Prodi di oggi, dice esattamente l’opposto del Prodi di 10-15 anni fa.
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La soluzione che propone e’ che l’EURO svaluti del 15-20% e che sia forte come la LIRA. Opssss…. in sintesi per Prodi l’Euro funzionerebbe se fosse la LIRA (la citazione e’ ripresa da Alberto Bagnai). Spettacolare!
La strada per far diventare l’Euro come la Lira e’ fare un asse con Francia e Spagna e minacciare la Germania…. mi sto rotolando dalle risate immaginando Leptas ed Hollande che minacciano la Merkel. E’ ovvio che se si mettono insieme uno forte ed uno debole, alla fine prevarranno gli interessi del forte.

Personalmente ritengo Prodi una persona intelligente, ma si dimostra quantomeno vigliacco. Non ha il coraggio di ammettere che la costruzione dell’Euro coi fu protagonista, e’ stata un disastro, ed addossa ogni responsabilita’ alla Germania, che non ha fatto altro che fare del proprio meglio per accelerare il processo di ampliamento degli squilibri, che ha generato la crisi.
L’idea di fare “BAU” alla Germania, e’ semplicemente ridicola. Visto che s’e’ perfettamente reso conto del problema, abbia il coraggio di ammettere il proprio errore (l’ingresso frettoloso dell’Italia nell’Eurozona, ad un livello di cambio eccessivamente forte, e senza una guidance per frenare l’inflazione, in un sistema con regole fatte apposta per non far funzionare il sistema) e con un minimo di realismo, dica che se la soluzione e’ svalutare, cio’ va fatto nell’unico modo realisticamente possibile, vale a dire sostituendo l’Euro con una valuta nazionale.

Nota aggiunta alle 00.30 del 2 Febbraio
A seguito della pubblicazione dell’articolo di cui sopra, il Prof. Alberto Bagnai ha pubblicato un articolo (che trovate QUI) ove lamenta una nostra scopiazzatura senza riferimenti, ad altro suo articolo (che trovare QUI).
E’ verissimo che questo articolo e’ stato scritto dopo aver letto un suo articolo, ma e’ altrettanto vero, che nell’articolo la frase “per Prodi l’Euro funzionerebbe se fosse la LIRA” riporta da sempre il LINK alla fonte (pratica comune, adottata anche da Bagnai). Il resto dell’articolo sviluppa concetti (relativi a Prodi ed ad Euro) che avevamo gia’ riportato in un passato remoto, come ad esempio QUIQUI.
Ovviamente in futuro non ci limiteremo piu’ a Linkare articoli di Bagnai all’interno di frasi (come fatto sopra) ma vedremo di esplicitare la fonte in modo piu’ esplicito. Il nostro sito e’ stato fatto oggetto di “scopiazzamenti ” di ogni genere e grado, spesso integrali e senza link, ma non ne abbiamo mai fatto un dramma; giustamente da parte nostra cerchiamo di avere la massima correttezza e citare le fonti, e ce ne scusiamo se talvolta non lo facciamo con la dovuta evidenza.
Da parte nostra confermiamo la stima per  il Prof. Alberto Bagnai , ed evitiamo di rispondere a quanto scritto nell’articolo di Bagnai di cui sopra. Riteniamo il professore una ricchezza, e come tale abbiamo dato ampio risalto alle sue tesi (che poi, come dice giustamente lo stesso professore, sono tesi che internazionalmente sono note).
Detto questo, ringraziamo il Professore. Gia’ nel passato piu’ volte c’ha dedicato attenzione (come in un’intervista che trovate QUI), e l’ha fatto anche in questa occasione. Per noi, che siamo un piccolo sito, e fatto di persone che non sono economisti ma solo persone di buona volonta’ (che dopo 13 ore di lavoro, fanno post in piena notte per pura passione) avere l’attenzione (pubblica tra l’altro), nel bene o nel male, di un economista di spessore, e’ motivo d’onore, anche se vi confesso, che la cosa stupisce e non poco. Cercheremo come di consueto di migliorare.
GPG
By GPG Imperatrice

Tratto da : scenarieconomici

lunedì 27 gennaio 2014

A. Weber (ex-Bundesbank) e K. Rogoff: “L’Euro gigantesco errore di proporzioni storiche, presto verra’ attaccato dai mercati”

Come riporta Evans-Pritchard sul Telegraph, l’ex capo della Bundesbank Axel Weber si aspetta quest’anno nuovi attacchi dei mercati all’eurozona e l’economista Kenneth Rogoff diche che l’euro è stato un “gigantesco errore di proporzioni storiche”
 
 
 
Un manipolo di super esperti a Davos ha raffreddato gli entusiasmi di chi sostiene che la crisi europea sia finita, avvertendo che l’eurozona rimane bloccata in una trappola del debito dovuta alla bassa crescita e rischia di essere relegata ai margini dell’economia mondiale dagli Stati Uniti e dalla Cina.
Axel Weber, l’ex capo della Bundesbank tedesca, ha detto che il disordine di fondo continua a fare danni e che quest’anno probabilmente l’eurozona dovrà affrontare un nuovo attacco dei mercati.
L’Europa è sotto scacco. Sono ancora veramente preoccupato. La situazione dei mercati è migliorata, ma non l’economica reale della maggior parte dei paesi”, ha detto al World Economic Forum di Davos.
 
Weber, ora presidente di UBS, ha detto che gli stress test della BCE sulle banche che si terranno a novembre rischiano di provocare un nuovo panico sul debito sovrano, riattivando la crisi nei paesi del Mediterraneo.
“I mercati stanno ora sottovalutando i rischi, specialmente in periferia. Mi aspetto che alcune banche non riescano a passare i test nonostante la pressione politica. Non appena questo diventerà evidente, ci sarà una reazione finanziaria nei mercati,” ha dichiarato.
Il professore di Harvard Kenneth Rogoff ha detto che il lancio dell’euro è stato un “errore gigantesco di proporzioni storiche, realizzato troppo presto“, che ora richiede un grado di unione fiscale e un fondo comune di risoluzione bancaria per poter funzionare, ma i leader dell’UEM ancora si rifiutano di intraprendere queste azioni.
“La gente non parla più del crollo dell’euro, ma la disoccupazione giovanile è davvero tremenda. Non è possibile lasciare andare questa tempesta per altri cinque anni,” ha dichiarato.
Rogoff ha detto che l’Europa sta sperperando la “risorsa scarsa” della sua gioventù, che sarebbe estremamente necessaria per dare forza a una società che invecchia a causa della crisi demografica.
Mentre l’Europa ha ancora grandi competenze tecnologiche e un ordinamento giuridico che è l’invidia di molti mercati emergenti, ora rischia di perdere terreno come primo attore dell’economia globale.
“Se queste potenzialità tecnologiche non vengono realizzate, l’Europa si sveglierà, come Rip Van Winkel, da un lungo sonno di tipo giapponese, ritrovandosi ad essere una parte molto più ridotta e molto meno importante dell’economia mondiale.”
Rogoff ha detto che le ristrutturazioni dei debiti della periferia dell’UEM “alla fine si faranno”, ma più a lungo i leader lasceranno degenerare la crisi con mezze misure, peggiori saranno i danni per la società europea una volta che le ristrutturazioni saranno divenute inevitabili.
Weber, che si è dimesso dalla Bundesbank e dalla BCE per una divergenza riguardo alla strategia sulla crisi del debito dell’eurozona, ha detto che le nuove regole di “bail-in” per gli obbligazionisti delle banche dell’eurozona porteranno gli investitori ad agire in via preventiva con l’obiettivo di evitare grandi perdite, prima che la BCE renda pubblici i risultati dei test: “Potrebbe accadere che gli speculatori non aspettino fino a novembre, ma scommettano prima su chi vince e chi perde”.Il pericolo è che i guai delle banche riaccendano i riflettori su quegli Stati sovrani che non possono facilmente permettersi di sostenere i loro sistemi bancari. Anche se non si nomina esplicitamente nessun paese, quelli considerati vulnerabili sono Spagna, Italia e Portogallo. Anche l’Irlanda può essere nuovamente a rischio, con un rapporto debito/PIL del 125%. “Questa è la questione chiave di quest’anno”, ha detto.
Weber ha avvertito i leader dell’UE di non farsi “pericolose illusioni” o di indulgere in autocompiacimenti sulla ripresa. “La situazione sembra migliore di quella che è. La ripresa è troppo debole per generare posti di lavoro. Il punto non è se le cose stanno migliorando: i livelli di crescita, occupazione e PIL sono molto peggiori rispetto a prima della crisi,” ha dichiarato.
Ha detto che stare a guardare se la Germania fa meglio della Francia è in realtà una distrazione, poiché tutta l’UEM sta andando male. “Il vento tira nella direzione degli Stati Uniti e della Cina. C’è un mondo intero là fuori che è più competitivo,” ha detto.
Sir Martin Sorrell, capo del WPP inglese, ha detto che l’Europa sta soccombendo a un nuovo ordine mondiale dominato da un “G2″ composto da USA e Cina, fiancheggiato dalle economie emergenti dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dai Prossimi Undici. “Gli Stati Uniti e la Cina diventeranno le due economie dominanti, a meno che l’Europa non cambi,” ha detto.
La Francia è ancora “sul lato discendente della parabola” e anche se la Spagna si sta riprendendo, questo non è sufficiente per scongiurare una crisi politica derivante dalla massiccia disoccupazione giovanile (57%). “La tecnologia ora è nemica dei lavoratori, quindi la disuguaglianza e la disoccupazione peggioreranno” ha detto.
Sir Martin ha detto che l’Eurozona sta perseguendo una “curva di Phillips” – la forbice tra disoccupazione e inflazione – all’inverso:  come se stesse testando “quale livello di disoccupazione è disposta a tollerare pur di avere inflazione zero”.
Pierre Nanterme, presidente e amministratore delegato di Accenture, ha detto che l’Europa sta perdendo la grande battaglia per la competitività e rischia una spirale negativa, dove gli oneri del debito al 100% del PIL impediscono ai governi di rilanciarsi investendo in competenze e tecnologia.
Nanterme ha dichiarato che l’Europa sta perdendo ulteriore terreno, mentre gli Stati Uniti si avvalgono di energia a buon mercato e investono in tecnologia all’avanguardia. “La posta in gioco è molto alta. Se in 12-24 mesi non si avrà un cambiamento radicale per spezzare il circolo vizioso, potremmo avere non solo 5 o 10, ma 20 anni di bassa crescita in Europa,” ha detto.
Rogoff ha detto che sarebbe molto più facile per l’Europa reagire se il tasso di cambio euro/dollaro fosse a 1,10 anziché a 1,35, in rialzo dell’8% negli ultimi 18 mesi.
Weber replica che l’euro scenderà di valore appena la stretta della Federal Reserve e di altre banche centrali lasceranno l’Europa da sola come la nota fuori dal coro. “La BCE ha l’esigenza di fare una politica monetaria accomodante. Tra un anno o due, la differenza di politica monetaria diventerà evidente a tutti,” ha detto.
Per allora, potrebbe essere troppo tardi.
 By GPG Imperatrice

Tratto da : scenarieconomici

sabato 18 gennaio 2014

Le lievissime contraddizioni della propaganda europeista

Ormai quotidianamente leggiamo o ascoltiamo dibattiti tra europeisti ed anti-europeisti ed inevitabilmente tra pro-Euro ed anti-Euro.
Fate caso ad una cosa: fino a qualche mese fa i pro Euro, sentendosi in una botte di ferro, si limitavano a deridere i “somari” che si dichiaravano favorevoli al ritorno ad una moneta nazionale e nonostante gli anti-Euro portassero a supporto delle proprie tesi dati economici inconfutabili, i pro-Euro avevano facilmente la meglio, soprattutto nei talk show delle grandi Tv. La tecnica del “ho la pubblicità tassativa” oppure del cambio di inquadratura con silenziamento del microfono erano applicate nel 100% dei casi. Il messaggio che passava era più o meno che i “somari” anti-Euro potevano parlare qualche secondo, al massimo novanta (perché siamo in democrazia), ma poi, nel rispetto della propaganda, veniva il momento delle cose serie e andavano zittiti come i bambini.
Oggi la situazione è un po’ diversa e grazie ad esempio ad alcuni autorevoli economisti come Bagnai, Borghi o Rinaldi, che hanno la competenza di spiegare le cose come stanno, con dati economici a supporto, gli anti-Euro non vengono più considerati pazzi nè tantomeno somari, anzi, qualcuno inizia a riconoscere che l’Euro qualche problemino lo ha creato. E allora, visto che non è più possibile semplicemente schernire l’interlocutore di turno come avveniva nel recente passato, si sono inventati il nuovo mantra che recita più o meno così: “Cari Anti-Euro, tornare alla moneta nazionale sarebbe un disastro”…frase da pronunciare rigorosamente con sorrisetto sarcastico. E se si viene incalzati arriva la spiegazione : “…uscire dall’euro sarebbe un disastro perché la nuova moneta perderebbe immediatamente il 30% del suo valore”…facendo intendere che una persona cha attualmente guadagna 2000 euro al mese, con una nuova lira non potrebbe neanche comprare il pane e il latte. Potere della propaganda ! La verità è che ciò che chi guida questo sistema di burocrati persegue è la depauperazione della ricchezza privata degli stati più deboli attraverso un’unione europea che è nata sotto l’egida di una moneta unica criminale, che svantaggia alcune nazioni a favore di altre perchè è stata creata costringendo tutti gli stati a un cambio fisso pur mantenendo politiche fiscali differenti, legislazioni interne differenti, lingue e culture differenti. Una mela ha non ha lo stesso costo a Milano e ad Agrigento, come si può pensare che utilizzare la stessa moneta in 27 paesi non penalizzi qualcuno a vantaggio di qualcun altro ? Dare un’occhiata allo spread dei tassi finanziamento del debito pubblico tra il centro e la periferia prego.
Una cosa importante da notare è come coloro che si dichiarano europeisti convinti, cadano in evidente contraddizione: nel momento in cui affermano che fuori dalla moneta unica la nuova moneta nazionale si svaluterebbe subito tra il 20 e il 30%, ammettono implicitamente che noi, adottando l’euro, abbiamo accettato un cambio sopravvalutato del 30%. Ragionamento troppo semplice per essere corretto ? Niente affatto, meditate.
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Volevo fare presente che personalmente dal 2011 scrivo sulla questione Euro.
Ho analizzato le contestazioni tipiche dell’Eurista medio nel dettaglio: Fact Checking alle argomentazioni PRO-EURO: smontate una per una
Posso testimoniare con tranquillita’ che le argomentazioni di fondo portate avanti da chi supporta l’Euro, nel 100% dei casi sono “fuffa disinformativa”, a tutti i livelli, non solo mainstream.
Rintracciare qualcuno che si pone sulla questione analiticamente o che ha studiato bene la questione ha le stesse probabilita’ di vincere al superenalotto. Le argomentazioni sono generalmente “morali” ed impostate al “terrorismo” ed all’irrisione, e sostanzialmente mai analitiche, storiche e numeriche. Le rarissime volte che ho visto argomentare con “numeri” e “dati” ho visto leggerissimi “fantozziani” svarioni.
Quello che m’ha realmente colpito, e’ che in 3 anni, nessuno degli euristi, ha mai posto in modo serio ed analitico, le questioni che realmente potrebbero creare qualche difficolta’ a chi argomenta contro la valura unica, quali 3 questioni specifiche: 1) la questione dei “Debiti Privati” e della legge da applicare,  2) le “tecnicalities operative” connesse ad un’effettiva uscita dall’euro dell’Italia e degli altri paesi europei  3)… questa non ve la dico….
 Gpg Imperatrice

Tratto da : scenarieconomici

Intervista a Zygmunt Bauman

La globalizzazione detesta i vincoli, un po’ come la malavita. L’Europa non fallirà e neppure l’Italia, ma il problema è che non si sa chi comanda.
Zygmunt Bauman
Decano della sociologia europea, tra i più autorevoli pensatori del nostro tempo, Zygmunt Bauman ha costruito un lungo percorso di ricerca. Che è animato innanzitutto da una forte passione etica e che mira, nella diversità degli argomenti trattati, a un unico obiettivo: proteggere il nostro bene comune più prezioso – la società in cui viviamo – da chi ci insegna che «qualunque cosa si raggiunga nella vita può essere ottenuta nonostante la società, e non grazie a essa». Per farlo, secondo l’autore de La società sotto assedio (Laterza) occorre in primo luogo porre le domande giuste, perché «porsi le domande giuste è ciò che fa differenza tra l’affidarsi al fato e perseguire una destinazione, tra la deriva e il viaggio». 
Ho incontrato Zygmunt Bauman il 27 maggio 2012 a Pistoia, in occasione della sua lectio magistralis su “La solidarietà ha un futuro?”, nell’ambito della quinta edizione dei Dialoghi sull’Uomo.
Ho avuto la fortuna di potergli fare alcune domande di persona non appena finito il suo intervento in piazza del Duomo.
La differenza di età fra un giovane neolaureato e un luminare di sociologia si è manifestata nel momento in cui mi sono seduto di fronte al professore: mesto e cauto quest’ultimo, in attesa di rispondere alle mie domande con tutta la calma del mondo e agitato e nervoso io, ansioso di strappare qualche perla di saggezza a un uomo di grande cultura e buon senso.
L’argomento approfondito è andato immediatamente a toccare il controverso rapporto fra economia e società nel quale il professor Bauman, durante il suo discorso, ha rintracciato il problema centrale di questa crisi in un  potere, quello finanziario, totalmente fuori controllo.
«Non esiste un sistema politico internazionale in grado di limitarlo». Afferma.
Dunque siamo destinati al collasso e alla povertà globale?
«Non lo so. So che la mia generazione di fronte alle crisi di sistema si domandava una cosa semplice: che cosa dobbiamo fare? Adesso la domanda da porsi è un’altra, e al momento non ha risposta: a chi ci dobbiamo rivolgere per fermare la macchina».
E’ un uomo sottile, elegante, lungo, con un viso antico, vestito di scuro. Un girocollo grigio da esistenzialista, la giacca nera, una corona di capelli bianchi che arrivano alle spalle, la pipa rigirata tra le dita sottili, nodose, annerite dal tabacco. Ha appena finito di sfogliare il New York Times. Accavalla le gambe.
«Non mi stupisce affatto quello che sta succedendo a Obama».
Perché professor Bauman?
«C’erano troppe aspettative su quell’uomo. La maggior parte erano irrealizzabili».
Secondo la stampa internazionale l’abbassamento del rating è un’umiliazione senza precedenti per gli Stati Uniti.
«Obama è un uomo. E si trova a fare i conti con una vicenda che è più grande di lui. E dà le risposte di un politico classico. Da quando è stato eletto si preoccupa più dei mercati che delle persone. Come se tra le due cose ci fosse un nesso. Ma la disoccupazione aumenta. E aumentano anche i tempi d’attesa nel passaggio da un lavoro all’altro, così come crescono i senza tetto. La povertà si moltiplica. Di sicuro neppure i neri stanno meglio».
Una presidenza disastrosa?
«No. Normale. Ma se le persone non credono in sé stesse e nei leader che le guidano il tracollo è inevitabile. Ho scritto un libro, due anni fa, che prevedeva quello che sarebbe successo».
Cioè?
«Obama mi ricorda gli ebrei tedeschi dopo la prima guerra mondiale. Si sentivano dei meta-tedeschi, più tedeschi dei tedeschi. Bramavano l’integrazione ma inconsapevolmente segnavano una diversità. Appena sono cominciati i problemi li hanno isolati».
Che c’entra il Presidente americano?
«Lui ha fatto lo stesso. Si è presentato come la grande speranza, ma si è preoccupato troppo di piacere ai livelli alti. Quelli che sono decisivi per la rielezione. Poi ha perso il controllo. Perché la politica non è in grado di condizionare la Borsa e i mercati. Se li è fatti sfuggire. Ma forse era inevitabile».
Ora anche la Cina pretende spiegazioni, non solo gli americani.
«I cinesi non sono preoccupati per i soldi che hanno prestato. E’ l’idea di perdere il loro più grande mercato di riferimento che li terrorizza. Dove mettono la quantità infinita di beni che producono ogni giorno? Non avere sbocchi, questo sì che sarebbe una tragedia. Sono i danni della globalizzazione».
Che cosa non le piace della globalizzazione?
«Io mi limito a fare una fotografia. Gli Stati si sono sempre fondati su due cardini: il potere (cioè fare le cose) e la politica (cioè immaginarle e organizzarle). La globalizzazione si muove senza politica. Ha bisogno di rapidità. Detesta i vincoli. Un po’ come la malavita. Le regole sono un ostacolo. Così i mercati più fiorenti nel mondo sono quello criminale e quello finanziario. Non importa se sono sporchi o puliti. Non fa riflettere?».
Professore, l’Europa rischia di squagliarsi?
«No. L’Europa è fatta. Non si può sciogliere. Gli Stati sono troppo legati tra di loro. Non fallirà l’Italia e non finirà l’Unione. Peraltro il problema di Roma non è soltanto Berlusconi. Chiunque fosse al suo posto sarebbe nelle stesse condizioni. E’ il mondo a essere nei guai».
Come se ne esce?
«Ha letto quello che ha detto ieri Prodi?».
Il problema dell’Europa è che non si sa chi comanda.
«Condivido. Ma il punto è che la pensano così anche i leader europei. Che sono ben felici di non prendersi responsabilità in questo momento. E’ l’ora di mettersi a ripensare la società all’interno della quale ci interessa vivere. Provi a chiedere in giro se qualcuno conosce il nome del presidente dell’Unione».
Peggio oggi o nel 2007?
«E’ lo stesso scenario. La follia del credito. C’è una crisi di valori fondamentali. L’unica cosa che conta è la crescita del Pil. E quando il mercato si ferma la società si blocca».
L’ossessione dei consumi.«Già. Perdoni l’esempio, ma se lei fa un incidente in macchina l’economia ci guadagna. I medici lavorano. I fornitori di medicinali incassano e così il suo meccanico. Se lei invece entra nel cortile del vicino e gli dà una mano a tagliare la siepe compie un gesto antipatriottico perché il Pil non cresce. Questo è il tipo di economia che abbiamo rilanciato all’infinito. Se un bene passa da una mano all’altra senza scambio di denaro è uno scandalo. Dobbiamo parlare con gli istituti di credito».
Per dire che cosa?
«Per capire come fare intervenire la politica. Cinque anni fa ciascuno di noi è stato inondato da lettere delle banche che invitavano le persone comuni a prendere una carta di credito. Un lavaggio del cervello generale. Le banche hanno bisogno che la gente sia indebitata. Prima ti misurano, cercano di capire quanto vali. Poi ti prestano i soldi. Fanno il contrario di quello che faceva - fa? - la mafia siciliana. Se un picciotto ti concedeva un prestito pretendeva che glielo restituissi, pena la morte. Le banche no. Le banche non vogliano che paghi. Ti offrono altre formule di indebitamento, perché più ti prestano denaro più guadagnano con gli interessi. E’ così che, ad esempio, è nata la bolla immobiliare negli Stati Uniti e in Irlanda. Solo che le bolle a un certo punto esplodono».
E’ il mondo alla fine del mondo?
«No, quello non finisce mai. Nella storia l’uomo affronta crisi cicliche. E le risolve sempre. Bisogna solo capire quanto sarà alto il prezzo da pagare stavolta. Temo molto alto. Soprattutto per le nuove generazioni».
Fonte : Niccolò Falchini
Tratto da : ilquorum

venerdì 17 gennaio 2014

Banche centrali o banche private? Chi controlla il Mondo?

Il progressivo scollamento tra credito e massa monetaria è, secondo molti economisti, una delle cause principali della Grande Crisi.
Oggigiorno è molto diffusa l’idea secondo cui le banche centrali sarebbero più potenti che mai. Neil Irwin, autore del libro The Alchemists: Three Central Bankers and a World on Fire, rispecchia il sentimento di molti quando descrive i governatori della Federal Reserve, della Bce e della Banca d’Inghilterra come “i tre uomini più potenti del mondo”. Allo stesso modo Mario Draghi viene spesso descritto come “l’uomo più potente d’Europa”. Ma è veramente così? È innegabile che chi controlla le leve della politica monetaria dispone di un potere enorme (di gran lunga superiore a quella di qualunque politico): nientedimeno che il potere di creare denaro dal nulla. È un potere tale che nell’immaginario comune esso trascende i confini della comune realtà per sfiorare quelli della magia, titillando le nostre fantasie (o paure) più recondite; non a caso Irwin chiama i sopracitati tre banchieri centrali “gli alchimisti”. In effetti, chi dispone di una tale facoltà – quella appunto di creare denaro in un soffio – parrebbe avere nelle sue mani il potere di decidere il destino di intere economie. Se così fosse, i nostri banchieri centrali starebbero facendo veramente un pessimo lavoro: a rigor di logica, a loro dovremmo imputare sia la devastante crisi del 2008 che la debolissima ripresa post-crisi.
E infatti, anche oggi – come negli anni trenta – molti economisti di tradizione liberista imputano la crisi finanziaria alle politiche “troppo espansive” perseguite dalla Federal Reserve (e, secondo alcuni, anche dalla Bce) negli anni precedenti alla crisi del 2000. Secondo questa tesi, le banche centrali avrebbero deliberatamente tenuto i tassi di interesse più bassi del dovuto per promuovere la crescita economica e l’occupazione (come se questa fosse una cosa sbagliata, se anche fosse vero), trascurando l’inflazione degli asset finanziari e contribuendo così alle varie bolle immobiliari negli Usa e in Europa. Oggi come ieri, però, questi economisti hanno torto, anche se non per i motivi che uno potrebbe credere. Le ragioni sono in parte ideologiche, nel senso che gli economisti della scuola liberista-monetarista considerano negativo (a torto) qualunque intervento dello stato in economia. Ma perlopiù sono concettuali, nel senso che le loro teorie si basano su una visione fallace della moneta, e in particolare del rapporto tra politica monetaria e credito.
Le banche centrali, infatti, non sono le uniche istituzioni che possono creare denaro dal nulla. Lo stesso – e in misura molto maggiore – fanno le banche private. Molta gente, quando pensa al denaro che è in circolazione, pensa alle monete e alle banconote che ha nel portafoglio. Ed è comprensibile, visto che l’unico rapporto concreto che abbiamo col denaro lo abbiamo attraverso il contante. Ma oggi il contante – che solo le banche centrali hanno il diritto di creare “dal nulla” – rappresenta una piccolissima frazione del denaro in circolazione. Un’altra piccola parte è rappresentata dalle riserve che le banche commerciali tengono in dei conti speciali presso le banche centrali, e che usano per effettuare pagamenti tra una banca e l’altra. Le riserve, come il contante, possono essere create (sempre “dal nulla”) solo dalle banche centrali. Il resto – sarebbe a dire, la stragrande maggioranza – del denaro in circolazione è rappresentato dal credito bancario (o moneta bancaria). Nell’eurozona, ad esempio, quest’ultimo costituisce il 91 per cento di tutta la massa monetaria.
Fin qui non abbiamo detto nulla di particolarmente controverso. Quando parliamo del rapporto che intercorre tra base monetaria e moneta bancaria – e tra depositi e prestiti –, però, le cose cominciano a farsi interessanti. In ambito mainstream è convinzione comune che le masse monetarie siano controllate dalla banca centrale. Secondo la “teoria quantitativa della moneta” – o “teoria della riserva frazionaria” – la sequenza è la seguente: le banche centrali possono stampare denaro e con esso comprare titoli, privati o pubblici, dando così alle banche commerciali, o allo Stato, nuova moneta. Inoltre, agendo sulle riserve obbligatorie delle banche, possono variare la capacità degli istituti di credito di concedere prestiti, controllando così l’emissione della moneta bancaria, attraverso quello che viene chiamato “moltiplicatore monetario”. In sostanza, secondo la teoria quantitativa della moneta, i depositi precedono i prestiti, e le banche non sono altro che un intermediario tra i risparmiatori che depositano denaro e coloro che chiedono i prestiti.
Nel mondo reale, però, la creazione di moneta bancaria segue un processo diametralmente inverso a quello sopraelencato: sono infatti i prestiti a creare la moneta e non viceversa. E le banche commerciali da dove ottengono la moneta per i prestiti? Per quanto possa suonare strano alle orecchie di molti, la risposta è che, a livello aggregato, la creano “dal nulla” (proprio come le banche centrali); si limitano cioè a battere dei tasti al computer, e così facendo fanno “apparire” dei soldi (che prima non esistevano) sul conto corrente di un individuo o di un’impresa, incrementando lo stock di broad money. Pertanto, a differenza di quanto comunemente si crede, sono i prestiti a creare i depositi e non viceversa. Le banche non sono perciò un intermediario tra i risparmiatori che depositano denaro e coloro che chiedono i prestiti, e dunque non sono vincolate nel concedere prestiti dall’ammontare del denaro precedentemente depositato o dalle riserve depositate presso la banca centrale.
Ovviamente questo ha implicazioni enormi per la politica monetaria, poiché implica che le banche centrali non sono in grado di controllare direttamente la quantità di moneta che viene immessa nell’economia, che dipende invece dal rapporto domanda-offerta tra le banche e chi richiede i prestiti, ma possono solo influenzarlo indirettamente (in teoria) attraverso la modifica del tasso di interesse al quale rifinanziano le banche con la moneta legale, che a sua volta dovrebbe influire su quello effettivamente applicato dalle banche ai clienti (aumentando o riducendo la domanda).
La verità, però, è che anche questa cinghia di trasmissione è ormai saltata. A partire dagli anni settanta, infatti, si è verificato un progressivo scollamento tra credito e massa monetaria, e dunque tra credito e politica monetaria: in poche parole il credito – già “endogeno” di suo, come abbiamo visto –, libero dai vincoli regolatori imposti nel dopoguerra e moltiplicato potenzialmente ad infinitum dall’introduzione di complessi strumenti finanziari come la cartolarizzazione, ha cominciato ad acquistare un’autonomia sempre maggiore dalla politica monetaria delle banche centrali.
Secondo un numero crescente di esperti, è questa la vera causa della crisi finanziaria del 2008 – e non la politica di “soldi facili” delle banche centrali. Come ha dichiarato di recente senza troppi giri di parole Adair Turner, membro del Financial Policy Committee, l’organismo di vigilanza finanziaria britannico: “La crisi finanziaria è accaduta perché non abbiamo limitato il sistema di creazione del credito e della moneta della finanza privata”

Tratto da : uomoqualunque

INTERVISTA Alejandro Cercas critica Unione europea e banche Gli interessi nascosti. Il parlamento emarginato. I diritti dei cittadini violati. La denuncia di un eurodeputato dissidente. di Antonietta Demurtas

da Bruxelles
Nessuno tocchi la Troika. A sentire il commissario per gli Affari economici Olli Rehn, che ha parlato il 13 gennaio davanti alla commissione Problemi economici e monetari (Econ) del parlamento europeo, le misure imposte dai creditori internazionali (Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione europea) ai Paesi in difficoltà sono state un successo. E la ripresa è vicina.
Ma la versione non convince tutti.
IL DEPUTATO DISSIDENTE. A partire dall'eurodeputato spagnolo del gruppo Socialisti e democratici Alejandro Cercas, promotore di un'inchiesta concentrata sugli effetti sociali e occupazionali delle politiche della Troika, parallela a quella già in corso nella commissione Problemi economici e monetari (Econ).
«Il commissario Rehn sa almeno quante migliaia di imprese sono morte per colpa della Troika? Sa che in Spagna 1.000 aziende chiudono ogni giorno. Che la povertà è triplicata?», ha sbottato in una chiacchierata con Lettera43.it.
UN TESTO SENZA SCONTI. Tanta indignazione non è fine a se stessa. L’obiettivo è creare consenso intorno a un testo di denuncia da portare all’assemblea plenaria prevista a marzo. Se votato dalla maggioranza, «sarà trasmesso alla Commissione e a tutti gli Stati membri», ha spiegato. E il testo non farà sconti: «Rappresenterà la posizione politica ufficiale del parlamento sui problemi sociali causati dalla Troika. Problemi che esistono davvero e i cittadini devono sapere che stiamo cercando di fare qualcosa per risolverli».

  • Alejandro Cercas, deputato spagnolo del gruppo Socialisti e democratici.
DOMANDA. Non si fidava del lavoro di indagine che sta svolgendo la Econ?
Risposta. La Troika è come la luna, ha sempre due facce. E quella che non si vede nei risultati dell'indagine Econ la mostriamo noi.
D. Cosa?
R. Il 25% dei giovani irlandesi emigrati e il 50% di quelli spagnoli disoccupati sono parte del risultato del programma. La gente sta male: ogni quattro lavoratori portoghesi sotto contratto, tre hanno perso il lavoro.
D. Sono i cosiddetti sacrifici che, stando a Olli Rehn, devono essere messi in conto...
R.
 Erano stati nascosti, sottovalutati. La destra non vuole comunicare al grande pubblico questi dati sull'impatto sociale delle politiche della Troika, vuole lavarsene le mani. Ha cercato di tappare la bocca alla gente con il cloroformio.
D. Addirittura...
R.
 Sì. Ma l'Unione europea non è un club economico finanziario, è un progetto democratico fatto dai e per i cittadini. Che devono sapere che ci preoccupiamo per loro e che sappiamo come stanno davvero.
D. Lei descrive l’Unione europea dei sogni.
R.
 Ma è quello che dovrebbe essere: i Trattati stessi lo affermano. La Carta dei diritti fondamentali dell'Ue al titolo 9 dice che tutta la politica dell'Ue deve favorire l'occupazione. L'Europa è soggetta al diritto internazionale, abbiamo firmato la carta sociale europea.
D. Invece?
R.
 Ci siamo dimenticati diritti, leggi, trattati. Abbiamo permesso che la crisi giustificasse tutto: con la Troika sono stati commessi troppi errori.
D. E ora arrivano le condanne.
R.
 L'Istituto internazionale di studi sociali (Ilo) ci ha condannato perché i tagli sui salari minimi sono illegali. Persino il Consiglio europeo ci ha condannato per non aver rispettato i contratti di lavoro. Il paradosso è che siamo i primi a parlare di diritti, a difenderli in Russia o in Turchia, e poi siamo i primi a non rispettarli.
D. Ai cittadini tuttavia non basta certo un mea culpa.
R.
 Il problema è che la gente pensa che la Troika l'abbia voluta l'Ue, invece non è così: l'hanno inventata la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale.
D. E la Commissione europea.
R.
 Rehn ci ha messo solo la faccia. Dietro ci sono le banche: c’è Deutsche bank, c'è Merrill Lynch. Non certo il Parlamento europeo che è stato emarginato da queste decisioni. Solo che alla fine hanno messo il simbolo dell'Unione europea per nascondere tutto.
D. Nascondere cosa?
R.
 Che se fallisce il sistema le prime a cadere sono le banche, e prima di tutte quelle tedesche. Non si sta salvando la Grecia, ma la Germania. Grazie alla Troika, in Spagna il buco delle banche è diventato debito pubblico e ora lo pagano i cittadini, con interessi al 6%.
D. Anche per questo il movimento antieuropeista cresce.
R.
 Io sono un federalista ed europeista convinto, per questo credo che dobbiamo riequilibrare tutto, altrimenti il rischio è che tutto questo disagio vada ad alimentare i nazionalisti e gli estremisti.
D. Propone una soluzione?
R.
 Presentare una informativa dettagliata sui disastri fatti sinora e abolire subito la Troika.
D. Non pare probabile.
R.
 L'Europa ha bisogno di un Fondo monetario europeo, non dell’Fmi. A decidere dei destini dell’Europa non devono essere né l'Eurogruppo né un tedesco.
D. E chi?
R.
 Il parlamento, attraverso il metodo comunitario, deve prendere le decisioni che ricadono sulla vita delle persone. Serve trasparenza. Non contano solo i fini ma anche i mezzi devono essere giusti. Dobbiamo fermare questa forma di totalitarismo dove solo l'economia conta.

Tratto da : lettera43

martedì 14 gennaio 2014

Gli scenari dell’euro

La Commissione dell’Unione Europea per la prima volta in base al trattato Two Pack della UE ha revisionato la legge italiana di bilancio imponendo al governo Letta di garantire la diminuzione più rapida del deficit pubblico. E’ sempre più chiaro che Parlamento e governo italiano non decidono quasi più nulla della politica economica nazionale. I contratti di programma per attuare le cosiddette (contro)riforme strutturali prefigurano un’ulteriore cessione di sovranità nazionale verso organismi europei non eletti, e, in ultima istanza, verso i rappresentanti politici della UE che difendono gli interessi finanziari del nord Europa. Il processo è destinato ad accentuarsi. La UE intende infatti centralizzare sempre di più le politiche di bilancio dei singoli stati. La cessione di sovranità nazionale avviene però senza contropartita alcuna. La UE inasprirà una politica recessiva di tagli che colpisce i lavoratori pubblici e privati e quello che resta del welfare e del patrimonio pubblico, grazie alle privatizzazioni. La strada imposta dalla UE è incompatibile con la ripresa dell’occupazione e con uno sviluppo economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile. E’ una politica miope che potrebbe fare bene nel breve periodo solo alla Germania e agli altri paesi creditori (come Olanda, Finlandia e Austria).
Come uscire da questa situazione di cessione di sovranità che riguarda ormai non solo il fronte monetario ma anche la politica economica dei singoli stati? Rivedere i trattati alla base dell’euro, appare molto difficile, con questa sinistra europea debolissima (vedi anche i clamorosi flop di Francois Hollande) e con il nuovo governo tedesco CDU-SPD determinato sulla via dell’austerità. Se continuerà la politica di austerità e di “riforme strutturali” perseguita dalla UE, diventerà possibile che, come denunciato nel Monito degli economisti[1], qualche paese sia costretto a uscire dall’euro mettendo gravemente a rischio l’unione europea. La proposta che qui avanziamo mira invece a salvare la cooperazione europea restituendo agli stati la sovranità monetaria ma stabilendo anche una moneta comune europea rispetto alle altre valute internazionali, il dollaro, lo yen, ecc. Questa proposta è stata rilanciata recentemente da Frederic Lordon[2] e si basa sostanzialmente sul progetto di John Maynard Keynes relativo al Bancor[3]. Come noto, il sistema di moneta mondiale elaborato ai Keynes a Bretton Woods è stato respinto a favore del regime basato sul dollaro. Forse, settanta anni dopo Bretton Woods, il Bancor di Keynes potrebbe però salvare l’euro e la UE. La soluzione fondata sul Bancor è del resto autorevolmente proposta in Italia da Luca Fantacci e Massimo Amato[4], da Daniela Palma e Guido Iodice[5] e da Alfonso Gianni[6].
Perché occorre trovare un’alternativa a questo euro? In Italia il governo Letta-Alfano appare subordinato alla più stretta osservanza dei rigidi parametri imposti dai trattati europei; ma anche un ipotetico governo di sinistra potrebbe fare molto poco in questa eurozona a direzione tedesca. Se la sinistra non saprà proporre alternative lascerà alle destre il monopolio della protesta crescente contro i governi dell’austerità; e così verrà emarginata da un’opinione pubblica sempre più ostile a questa UE autoritaria e a questo euro che impone solo sacrifici e disoccupazione. Occorre una svolta.
Sono cinque a mio parere i principali possibili scenari a cui assegnare – secondo parametri certamente opinabili ma ragionevoli - degli indici di probabilità.
1. Scenario del crollo e del caos. L’euro potrebbe crollare quando le banche centrali, la FED americana e la Banca Centrale giapponese, e anche la BCE, ritireranno il mare di liquidità che hanno immesso nell’economia. Il crollo caotico dell’euro è un’ipotesi possibile e gli assegno il 30% di probabilità.
2. Scenario di mantenimento dell’euro e dell’austerità. In questo scenario la Germania del governo CDU-SPD riesce a imporre la sua egemonia. I governi europei si adeguano alla germanizzazione dell’Europa; la deindustrializzazione e l’immiserimento dei paesi deboli avanza ma non provoca rivolte e proteste in grado di produrre alternative politiche. Questo scenario potrebbe avere il 30% di probabilità.
3. Scenario di riforma dell’euro. La crisi precipita e, di fronte al possibile crollo di sistema, si producono riforme radicali relative alla revisione del trattato di Maastricht, del Fiscal Compact, dello statuto della BCE e il lancio degli eurobond. La Germania è costretta ad accettare politiche di condivisione dei debiti e ad aumentare i salari, la domanda interna e le importazioni. Considerando che la Merkel domina incontrastata sulla politica tedesca ed è decisa a imporre la sua politica di rigore nella UE, e che in Germania esistono vincoli costituzionali alla condivisione dei debiti europei, e che la revisione dei trattati UE sarebbe possibile solo in tempi molto lunghi e non compatibili con il precipitare della crisi, assegno a questo scenario una probabilità del 10%.
4. Scenario dei “due euro”: la crisi spacca l’Europa e divide i paesi deboli mediterranei da quelli forti del centro e del sud Europa. I paesi del nord e quelli del sud decidono di separarsi e di creare due nuove monete. Considerando però che anche i paesi del sud Europa sono molto disomogenei tra loro, questo scenario potrebbe avere una probabilità del 10%.
5. Scenario concordato di ritorno alle monete nazionali con euro come moneta comune. La crisi precipita e gli stati europei, compresa la Germania (la Germania non ha infatti vincoli costituzionali che le impediscono di tornare alla moneta nazionale), per non crollare sono costretti ad accordarsi per ristabilire le monete nazionali con cambi fissi aggiustabili. L’euro potrebbe però rimanere come moneta comune di fronte alle altre valute internazionali come il dollaro e lo yen. Questo scenario potrebbe avere una probabilità del 20%.
Quest’ultimo è lo scenario a mio parere più realistico e meno dannoso. I paesi più deboli potrebbero svalutare la loro moneta per riequilibrare la bilancia dei pagamenti; e i governi europei potrebbero decidere politiche espansive per uscire dalla crisi e abbassare il rapporto debito/PIL. Il recupero della sovranità monetaria è un’operazione certamente complessa che non piacerebbe alla Germania: ma è praticabile e sarebbe condivisibile dall’opinione pubblica. Ovviamente questa soluzione richiederebbe un controllo stretto dei movimenti speculativi di capitale: ma il controllo dei capitali sarebbe comunque necessario per ogni progetto di reale riforma del sistema europeo. Il nuovo sistema di Bancor europeo dovrebbe prevedere che i cambi delle monete dei singoli stati siano periodicamente rivisti tenendo conto delle variazioni di produttività e dell’inflazione di ciascun paese. La BCE si incaricherebbe di gestire una European Clearing Union, cioè una camera di compensazione per le transazioni europee (prodotti, servizi e anche investimenti) analoga alla International Clearing Union proposta da Keynes. Si stabilirebbe così un meccanismo automatico che penalizza con tassi di interesse crescenti sia i paesi con forti surplus - come la Germania – che quelli con deficit strutturali delle bilance commerciali, come i paesi del Mediterraneo. L’obiettivo è infatti di ridurre in modo significativo le posizioni creditrici e debitrici della bilancia dei pagamenti. Tendenzialmente il saldo del sistema Bancor sarebbe pari a zero. Naturalmente questo è il punto che la Germania mercantilista avverserebbe di più. Tuttavia in questo modo nel lungo periodo il commercio nell’area euro potrebbe aumentare in maniera equilibrata a vantaggio di tutti – Germania compresa - e sarebbe più facile mantenere fissi i cambi tra i paesi.
Il nuovo euro funzionerebbe come “paniere” delle monete europee. La BCE avrebbe la responsabilità di mantenere stabile il tasso di cambio dell’euro con le altre valute dei paesi extraeuropei. Un “paniere di valute” è intrinsecamente più stabile di una moneta unica e in questo senso l’euro rappresenterebbe la barriera comune di fronte alla speculazione internazionale. Questa soluzione ha un grande merito: non richiede la mutualizzazione dei debiti dei singoli stati, fermamente respinta, come noto, dalla Germania.
[1] Vedi Il monito degli economisti, Financial Times, 23 settembre 2013.
[2] Frederic Lordon, Le Monde Diplomatique-il Manifesto, agosto 2013 “Uscire dall’euro? Contro un’austerità perpetua”.
[3] John Maynard Keynes “Eutopia. Proposte per una moneta internazionale”, a cura di Luca Fantacci, et al./edizioni, 2011.
[4] Massimo Amato, Luca Fantacci, “Fine della finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne”, Donzelli, 2012.
[5] Daniela Palma e Guido Iodice, Euro e monete nazionali, the best of both worlds, pubblicato da keynesblog il 26 agosto 2013.
[6] Alfonso Gianni, Micromegaonline, Tra perseverare nell’euro e uscirne, c’è una terza strada da percorrere, 3 settembre 2013, e Alternative per il socialismo N. 28.

Tratto da : economiaepolitica

lunedì 13 gennaio 2014

Ora a Draghi farebbe piacere un po’ di inflazione

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A preoccupare Draghi non sono solamente la recessione dei paesi mediterranei e la deflazione greca: le politiche monetarie espansive non hanno dato risultati sulla ripresa dell’occupazione
di Nicolò Cavalli da Thinging pagina99
La Bce ha deciso di mantenere i tassi di rifinanziamneto stabili sul record dello 0.25% stabilito nello scorso novembre con una decisione he ha attirato il dissenso dei rappresentanti dei paesi core in seno al Consiglio della Banca Centrale Europea. Da Francoforte, Mario Draghi ha confermato che “i tassi rimarranno al livello attuale, o a un livello più basso, per un lungo periodo.”
A preoccupare il banchiere centrale non sono solamente la recessione dei paesi mediterranei e la deflazione greca, sempre più grave, ma anche un processo di rallentamento dell’inflazione in tutto il Continente, che a molti ricorda la lunga stagnazione giapponese degli ultimi vent’anni.
D’altro canto, il peggioramento dei dati sulla disoccupazione nell’eurozona, pubblicati ieri da Eurostat, sembrano confermare il cono d’ombra sull’efficacia attesa dell’operazione della Bce, così come avvenuto per le banche centrali di mezzo mondo – dall’Inghilterra al Giappone passando per gli Stati Uniti -, impegnate in programmi di espansione monetaria che, pur galvanizzando i mercati finanziari, hanno avuto effetti solo parziali sulla ripresa dell’occupazione nella cosiddetta economia reale.
E’ stato Keynes il primo a rilevare che quando l’economia è pervasa da aspettative pessimistiche gli individui possono decidere di tesaurizzare la moneta creata invece di farla circolare, rinviando le proprie decisioni di consumo e rendendo inefficace la politica monetaria. Ma non è solo la cosiddetta “trappola della liquidità” a creare dubbi sulla strategia di Draghi.
Secondo la Banca d’Inghilterra, i programmi di espansione dell’offerta di moneta non stanno avendo l’effetto desiderato anche a causa dei loro effetti distributivi perversi. I 375 miliardi di sterline utilizzati da Londra per acquistare titoli hanno avuto un effetto disproporzionato a favore del 5 per cento di inglesi più ricchi. Infatti, reflazionando i prezzi sui mercati finanziari le massicce iniezioni di liquidità delle banche centrali riducono i costi solo per quelle imprese che possono accedere al mercato dei capitali direttamente – principalmente le grandi imprese multinazionali.
Le piccole-medie imprese e le famiglie, invece, si rivolgono al sistema bancario retail, che vede aumentare il rischio di credito in un’economia depressa e il ritorno da investimenti sui mercati azionari, scegliendo il secondo canale invece del primo e alimentando così la spirale recessiva. Le grandi imprese, inoltre, stanno usando i capitali ottenuti a basso prezzo per riacquistare le proprie azioni, rilevando le stock-option dei manager (i cosiddetti buyback), aumentando i loro guadagni senza investimenti di medio-lungo periodo.
Scarsi investimenti sono destinati ad avere effetti negativi sulla produttività e conseguentemente sui salari reali dei lavoratori, così da rendere la domanda interna debole in maniera più che proporzionale rispetto al possibile aumento della domanda estera dovuta alla diminuzione dei costi del lavoro.
Société Générale è recentemente arrivata a sostenere che il quantitative easing, incentivando investimenti improduttivi, crea capacità inutilizzata e ha in questo modo effetti deflativi. L’esatto contrario di quanto sperato da Mario Draghi.
Ma se il meccanismo monetario è interrotto e la leva fiscale inutilizzabile, sono poche le opzioni a disposizioni dei policy makers per evitare che questa recessione conduca l’europa in un incubo giapponese. Secondo la banca d’affari francese l’unica strada percorribile per le banche centrali è di cancellare i propri asset denominati in debito pubblico, incorrendo in grosse perdite ma rendendo così permanente l’aumento di moneta.
Un aumento proporzionale dell’inflazione renderebbe i debiti meno onerosi e aiuterebbe il processo di deleveraging che rallenta l’economia – al contempo diminuendo il peso dei debiti che affliggono il settore pubblico di vari paesi avanzati. Questo “falò generalizzato” di debiti ricorda la soluzione che lo stesso Keynes suggerì, inascoltato, ai potenti europei durante le discussioni di pace di Parigi. Il prezzo della loro sordità fa parte dei libri di storia.

Tratto da :  keyneblog

7 Premi Nobel (P.Krugman, M.Friedman, J.Stigliz, A.Sen, J.Mirrless, C.Pissarides, J.Tobin): “l’Euro e’ una patacca”


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Partiamo da Paul Krugman che ci spiega perche’: “L’euro è campato in aria” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
… penso che l’euro fosse un’idea sentimentale, un bel simbolo di unità politica. Ma una volta abbandonate le valute nazionali avete perso moltissimo in flessibilità. Non è facile rimediare allaperdita di margini di manovra. In caso di crisi circoscritta esistono due rimedi: la mobilità della manodopera per compensare la perdita di attività e soprattutto l’integrazione fiscale per ripianare la perdita di entrate. Da questa prospettiva, l’Europa era molto meno adatta alla moneta unica rispetto agli Stati Uniti. Florida e Spagna hanno avuto una stessa bolla immobiliare e uno stesso crollo. Ma la popolazione della Florida ha potuto cercare lavoro in altri stati meno colpiti dalla crisi. Ovunque l’assistenza sociale, le assicurazioni mediche, le spese federali e le garanzie bancarie nazionali sono di competenza di Washington, mentre in Europa non è così.
l’Europa sarà sempre fragile. La sua moneta è un progetto campato in aria e lo resterà fino alla creazione di una garanzia bancaria europea. … Ricordiamoci però una cosa: l’Europa non è in declino. È un continente produttivo e dinamico. Ha soltanto sbagliato a scegliersi la propria governance e le sue istituzioni di controllo economico, ma a questo si può sicuramente porre rimedio.
Professor And Columnist Paul Krugman Wins Nobel In Economics

Passiamo a Milton Friedman, che gia’ nel 1998 spiegava che la Moneta Unica e’ un Soviet e Bruxelles e Francoforte prenderanno il posto del Mercato  (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
Niente di sbagliato, in generale, a volere un’unione monetaria. Ma in Europa c’e’ gia’ ed e’ quella esistente di fatto tra Germania, Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che, se ci tiene, l’Italia aderisca a quella. Il resto e’ una costruzione non democratica“.
Piu’ che unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche quelle che sono questioni economiche. La conseguenza piu’ seria, pero’, e’ che l’euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre piu’ accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guidera’ in futuro vanno in questa direzione dirigista.…. 
…Ma non vedo la flessibilita’ dell’economia e dei salari e l’omogeneita’ necessaria tra i diversi Paesi perche’ sia un successo. Se l’Europa sara’ fortunata e per un lungo periodo non subira’shock esterni, se sara’ fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova realta’, se sara’ fortunata e l’economia diventera’ flessibile e deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti dati dalla bendizione di un fatto positivo. Altrimenti sara’ una fonte di guai“.
Cosa prevede succedera’?  Una riduzione della liberta’ di mercato. A Francoforte siedera’ un gruppo di banchieri centrali che decidera’ i tassi d’interesse centralmente. Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di liberta’, fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio della moneta. Ora, non avranno piu’ quell’opzione. L’unica opzione che resta e’ quella di fare pressione sulla Ue a Bruxelles perche’ fornisca assistenza di bilancio e sulla Banca centrale europea a Francoforte perche’ faccia una politica monetaria favorevole. Aumenta cioe’ il peso dei governi e delle burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l’Europa aveva gia’ una moneta unica, l’oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale.
…Quello che c’e’ da dire sul mercato unico, piuttosto, e’ che e’ reso piu’ complicato proprio dall’Unione monetaria che rende piu’ difficili le reazioni delle economie, toglie loro strumenti e le rende piu’ dipendenti dalle burocrazie”. 
milton friedman

Passiamo a Joseph Stiglitz, che ci spiega che l’Euro, o cambia oppure è meglio lasciarlo morire (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
Il progetto europeo, per quanto idealista, è sempre stato un impegno dall’alto verso il basso. Ma incoraggiare i tecnocrati a guidare i vari paesi è tutta un’altra questione, che sembra eludere il processo democratico, imponendo politiche che portano ad un contesto di povertà sempre più diffuso.
Mentre i leader europei si nascondono al mondo, la realtà è che gran parte dell’Unione europea è indepressione. La perdita di produzione in Italia dall’inizio della crisi è pari a quella registrata negli anni ’30. …
…La realtà tuttavia è che la cura non sta funzionando e non c’è alcuna speranza che funzioni; o meglio che funzioni senza comportare danni peggiori di quelli causati dalla malattia….. L’Europa ha bisogno di un maggiore federalismo fiscale e non solo di un sistema di supervisione centralizzato dei budget nazionali. ….E’ poi necessaria un’unione bancaria, ma deve essere una vera unione con un unico sistema di assicurazione dei depositi, delle procedure risolutive ed un sistema di supervisione comune. Inoltre, sarebbero necessari gli Eurobond o uno strumento simile.
I leader europei riconoscono che senza la crescita il peso del debito continuerà a crescere e che le sole politiche di austerità sono una strategia anti-crescita. Ciò nonostante, sono passati diversi anni enon è stata ancora presentata alcuna proposta di una strategia per la crescita sebbene le sue componenti siano già ben note, ovvero delle politiche in grado di gestire gli squilibri interni dell’Europa e l’enorme surplus esterno tedesco che è ormai pari a quello della Cina (e più alto del doppio rispetto al PIL). In termini concreti, ciò implica un aumento degli stipendi in Germania e politiche industriali in grado di promuovere le esportazioni e la produttività nelle economie periferiche dell’Europa.
Quello che non può funzionare, almeno per gran parte dei paesi dell’eurozona, è una politica di svalutazione interna (ovvero una riduzione degli stipendi e dei prezzi) in quanto una simile politica aumenterebbe il peso del debito sui nuclei familiari, le aziende ed il governo (che detiene un debito prevalentemente denominato in euro).
I leader europei continuano a promettere di fare tutto il necessario per salvare l’euro. La promessa del Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, di fare “tutto il necessario” ha garantito un periodo di tregua temporaneo. Ma la Germania si è opposta a qualsiasi politica in grado di fornire una soluzione a lungo termine tanto da far pensare che sia sì disposta a fare tutto tranne quello che è necessario.
E’ vero, l’Europa ha bisogno di riforme strutturali come insiste chi sostiene le politiche di austerità. Ma sono le riforme strutturali delle disposizioni istituzionali dell’eurozona e non le riforme all’interno dei singoli paesi che avranno l’impatto maggiore. Se l’Europa non si decide a voler fare queste riforme, dovrà probabilmente lasciar morire l’euro per salvarsi.
L’Unione monetaria ed economica dell’UE è stata concepita come uno strumento per arrivare ad un fine non un fine in sé stesso. L’elettorato europeo sembra aver capito che, con le attuali disposizioni, l’euro sta mettendo a rischio gli stessi scopi per cui è stato in teoria creato.
stiglitz

Passiamo ad Amartya Sen, con la recente intervista “Che orribile idea l’euro” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
«….. Mi preoccupa molto di più quello che succede in Europa, l’effetto della moneta unica. Era nata con lo scopo di unire il continente, ha finito per dividerlo».
«L’euro è stato un’idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un buon modo per iniziare a unire l’Europa. I punti deboli economici portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme. Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono create sono l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Europa. ….».
«Quando tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia, cioè più disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo».
«È successo che a quell’errore è stata data la risposta più facile e più sbagliata, si sono fatte politiche di austerità. L’Europa ha bisogno di riforme: pensioni, tempo di lavoro, eccetera. E quelle vanno fatte, soprattutto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia. Ma non hanno niente a che fare con l’austerità. È come se avessi bisogno di aspirina ma il medico decide di darmela solo abbinata a una dose di veleno: o quella o niente. No, le riforme si fanno meglio senza austerità, le due cose vanno separate».
«La Germania ha sicuramente beneficiato della moneta unica. Oggi abbiamo un euro-marco sottovalutato e una euro-dracma sopravvalutata, se così si può dire. Ma non credo che ci sia uno spirito del male tedesco. Non ci sono malvagi in questa cosa terribile che sta succedendo. È che hanno sbagliato anche i tedeschi. E si è finiti con la Germania denigrata. ….».
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E’ il turno di James Mirrless, che nel suo intervento a Venezia all’Auditorium Santa Margherita per il ciclo ‘Nobels colloquia 2013′ dell’Università Ca’ Foscari, ha testualmente detto che “all’Italia conviene uscire dall’Euro subito” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
«Non voglio suggerire politiche per mutare la situazione attuale e mi sento a disagio nel fare raccomandazioni altisonanti, perché non ho avuto il tempo di valutarne le conseguenze. Però,guardando dal di fuori, dico che non dovreste stare nell’euro, ma uscirne adesso». 
 «L’uscita dall’euro non risolverebbe in automatico i problemi dell’Italia, visto che, ad esempio, rimarrebbero le questioni derivanti dalle politiche adottate dalla Germania. Ma non è comunque corretto collegare le conseguenze di un’eventuale uscita da Eurolandia al venir meno della lealtà e fedeltà come membri dell’Unione europea. Finché l’Italia resterà nell’euro non potrà espandere la massa di moneta in circolazione o svalutare: ecco perché si impone la necessità di decidere se rimanere o meno nella moneta unica, questione non facile da dirimere, perché la gente toglierà il denaro dai conti in banca prima che questo accada. Probabilmente, dovreste sostenere il costo di un’eventuale uscita, come avvenuto in Gran Bretagna (che non ha mai abbandonato la sterlina), ma dovete essere pronti a pagare questo prezzo».
 «Se l’Italia tornasse in grado di svalutare ci sarebbe sicuramente la possibilità di arricchirsi per chi togliesse in tempo i soldi dalle banche; ma, per la Gran Bretagna, è valsa la pena, perché poi ha avuto un andamento economico soddisfacente”. ”Tutto ciò non comporta automaticamente l’aumento o la riduzione della pressione fiscale. Però, in una certa misura, raccomanderei misure di sostegno ai redditi, per aumentare il potere d’acquisto della popolazione. Ma solo temporaneamente”.   ”Se l’Italia dovesse uscire dall’euro alcuni grossi problemi continuerebbero ad esistere, perché la Germania continua a mantenere i livelli dei prezzi troppo bassi. E, se la Germania continuerà questo atteggiamento, cosa che non intende cambiare, anche per l’Italia continuerebbero le difficoltà di oggi».
«Uscire dall’Euro significa fuggire, la crisi si può affrontare resistendo ad essa e combattendo, ma i Paesi che scelgono di combattere lo facciano considerando anche l’opzione della fuga. Mi sento però a disagio, come persona esterna, nell’offrire soluzioni, anche perché mi chiedo se abbiate abbastanza manager economici in grado di mettere in atto e gestire l’espansione che potrebbe esserci»
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E passiamo ora a Christopher Pissaridesnobel per l’economia nel 2010, presidente del new Centre for Macroeconomics che dichiara “Abbandonare l’Euro” dopo esserne stato nel passato un fautore (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)
«L’Unione Monetaria ha creato una generazione persa di giovani disoccupati e dovrebbe essere dissolta». «Sono completamente stato ingannato. Allora, l’euro sembrava una grande idea, ma ora ha prodotto l’effetto contrario di quello che si aveva in mente ed ha bloccato crescita e la creazione del lavoro. In questo momento sta dividendo l’Europa e la situazione attuale non è sostenibile».
«L’Euro divide l’Europa e la sua fine e’ necessaria per ricreare quella fiducia che le nazioni europee una volta avevano l’una all’altro. Non andremo da nessuna parte con l’attuale linea decisionale ed interventi ad hoc sul debito. Le politiche perseguite ora per salvare l’euro stanno costando all’Europa lavori e stanno creando una generazione persa di giovani laureati. Non certo quello che i padri costituenti avevano in mente».  
 Christopher_Pissarides
Ma anche James Tobinnobel per l’economia nel 1981, nel 2001 disse in un’ intervista allo Spiegel:
«per come la vedo io, l’Euro non è stato precisamente un grande successo, tale da potere essere considerato come un modello per altre regioni del mondo».  « I paesi dell’Euro soffrono perché l’economia europea è in una cattiva situazione. La responsabilità di questo è della banca centrale europea, perché non persegue nessuna politica…   …. il presidente della banca centrale europea, mi ha detto una volta che lui non ha niente a che fare con la vera economia, con la crescita e le attività. Il suo compito è controllare rigidamente i prezzi, in altre parole lottare contro l’inflazione. Se questo è tutto quello che ha da offrire la politica monetaria europea, non sorprende che l’economia sia debole in Europa ».
 tobin
CONCLUSIONI

Che’ l’EURO fosse un esperimento destinato al fallimento, c’era chi ce lo diceva gia’ nel 1971:  L’Economista Kaldor nel 1971 spiegava con precisione millimetrica il perche’ l’Euro avrebbe fatto collassare il sistema 


Abbiamo visto che ogni studio ci dice che un ritorno a Valuta Nazionale e’ conveniente per l’Italia (  Esclusiva simulazione di cosa accadrebbe con Euro (con e senza austerity) e senza Euro ), ed un pessimo affare per la Germania ( Nove studi e rapporti a confronto sul break-up dell’Euro  ).

Abbiamo analizzato il perche’ della Crisi ( Capire la Crisi dell’Europa in 80 slides ), spiegato perche’ all’italia conviene uscire ( EURO: Analisi di dettaglio del perche’ all’Italia conviene uscire ), analizzato la svalutazione del 1992 ( Analisi della Svalutazione del 1992-1995 ) e spiegato perche’ necessario farne un’altra in termini difensivi (La necessità di una bella svalutazione difensiva ).

Abbiamo demolito una per una le argomentazioni dei fautori dell’EURO ( Fact Checking alle argomentazioni pro-euro: smontiamole una ad una ).

Infine abbiamo spiegato cio’ che i Nobel hanno ribadito, cioe’ che l’Euro e’ il vero nemico dell’Europa ( Meglio l’Europa o l’Euro ? ), e spiegato perche’ alla fine il Leviatano Sovietico-Burocratico crollera’ (Ecco perche’ la DISGREGAZIONE dell’EURO e’ lo scenario piu’ probabile).
 Tratto da : scenarieconomici