venerdì 14 febbraio 2014

Federalismo e liberismo spine nel fianco del potere


di Gianfranco Viriato

Federalismo e liberismo spine nel fianco del potere
Che rapporto esiste tra federalismo e liberismo? Sono elementi separati o uniti?
In realtà federalismo e liberismo sono talmente complementari da essere davvero le due facce della medesima medaglia.
Il federalismo infatti è la traduzione istituzionale del massimo grado di libertà possibile. E’ la forma di organizzazione della società che garantisce la più ampia autonomia e indipendenza alle comunità coinvolte, assicurando lo sviluppo ordinato di una società autenticamente libera.
Tutti gli stati veramente federali, sono stati democratici e liberali.
E un vero liberale non può essere statalista, centralista, pianificatore. Non può volere un centro che assoggetta le periferie, un potere statale forte e coercitivo.
Un liberale autentico è per forza un federalista.
Dunque chi è liberale è per forza federalista, e un federalista autentico non può che essere liberale.
Il liberale ritiene che la libertà sia il bene primario dell’uomo, ed è disposto a difendere la libertà contro ogni sopruso o maltrattamento.
Analogamente, nel campo dell’organizzazione statale, il liberale pensa che la forma più giusta di organizzazione della società è quella che favorisce la libertà delle comunità coinvolte. Ed un liberale non può non riconoscere a una comunità il diritto all’autonomia. Essere liberale porta naturalmente ai principi della libertà di autogoverno, dell’indipendenza da qualsivoglia potere esterno. Fosse anche – e forse soprattutto – quello dello Stato.
Ciò detto, paiono singolari le posizioni di molti movimenti sedicenti “autonomisti” o “indipendentisti, a partire dalla Lega, movimento divenuto partito che nacque su basi liberali e federaliste.
Oggi nella Lega la visione liberale è rarissima, e i dirigenti della Lega – tutti lautamente retribuiti da poltrone pubbliche – sembrano attenti a difendere interessi degli organi dello Stato e delle varie consorterie.
La Lega – nata e cresciuta come una forza rivoluzionaria contro gli assistenzialismi, i privilegi, le ingiustizie… - si trova a difendere i posti nei consigli di amministrazione dei propri iscritti, a chiedere addirittura di tassare la prostituzione, diventando (inconsapevolmente?) paladina di uno Stato antidemocratico che tassa gli uni per dare agli altri, favorendo clientele e corruzione. Uomini che da decenni ricoprono incarichi parlamentari non possono credibilmente rappresentare un ceto produttivo e intimamente liberale, e sono invece ormai diventati lunghe braccia del potere romano e milanese, parte integrante dello stesso Stato che opprime e schiaccia.
Non vanno però meglio molti altri movimenti “indipendentisti”, chiusi in antistoriche rievocazione e rivendicazioni troppo localiste per non apparire utopiche e velleitarie.
Nel tentativo di rappresentare intere popolazioni realmente oppresse e schiacciate da uno Stato ingiusto, iniquo ed esoso, i movimenti falso-indipendentisti finiscono per proporre modelli non dissimili da quelli dello stato centrale.
Meglio paradossalmente alcuni gruppi culturali neo-liberisti, all’interno dei quali si affacciano idee indipendentiste e autonomiste. Un quadro desolante per popolazioni che hanno mantenuto finora uno Stato accentratore e un ceto politico parassitario.
Solo recuperando i principi del federalismo e della libertà, le regioni produttive pre-alpine potranno arginare forte il declino attuale. 

Tratto da : liberiamoci

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